Sentire

L'autrice in collaborazione con la casa editrice Pagine, ha partecipato ad una collana di poesie intitolata "Sentire", numero 82.

Si tratta di una raccolta di 7 poesie scritte da 13 autori, compresa la stessa Elèonore.

Alcune parti dei suoi romanzi sono degli estratti dei suoi stessi scritti poetici dalla quale ha tratto ispirazione.

Tali poesie sono di genere dark ambient e parlano di amore, di dolore, di introspezione, delineando l'animo sensibile e dark dell'autrice con lo stesso stile e sfumature con la quale compone i suoi romanzi.

Le emozioni ed i sentimenti che esprime attraverso i versi, ama trasmetterli a chi legge ben sapendo che le sensazioni sono puramente soggettive. Il bello della poesia è proprio quello di suscitare in chi legge emozioni, sentimenti, ricordi che appartengono unicamente a se stessi.

La raccolta è disponibile in formato ebook su Amazon ed in formato cartaceo nel sito ufficiale della redazione, potendoli contattare a questo indirizzo: info@pagine.net.

In allegato al volumetto, un cd contenente le sette poesie dell'autrice in audio, interpretate da un'attrice messa a disposizione da Pagine.

Per chi ama la poesia e lo stile dell'autrice, questo volume fa al caso vostro, per trasportarvi nel mondo oscuro della Liddell e farvi sognare, oltre che solleticare la fantasia proprio come nei romanzi.

 

 

Il formato ebook lo si può trovare qui:

Prospettive

Prospettive, numero 8, si tratta di una seconda collana in cui ha partecipato l'autrice con 13 poesie assieme ad altri sei autori dalla casa editrice Pagine.

Lo stile unico e inconfondibile dell'autrice si riversa anche in questo volumetto da non perdere.

Se amate   quello che scrive l'autrice in campo poetico, sotto troverete il link del video di una delle poesie, "Una sposa nera".


Il formato ebook è disponibile qui:

Video

Sul canale di Youtube aperto dalla redazione, sono disponibili gli audio delle poesie della raccolta Sentire.

Di seguito ne potrete ascoltare due.

Il video Una sposa nera di Prospettive:

Contest letterario 2015 - Sottopelle

Assieme ad altri autori della Youcanprint, denominati Youcaniani, ho partecipato ad un contest amichevole, se così si può definire, in cui ogni partecipante esibiva un suo breve racconto a tema sulla paura, fantasia, incubi.

Il mio si intitola "Sottopelle", dal quale ne trarrò un romanzo in un prossimo futuro, che si intitolerà "Under my skin".

Cliccando sulla foto in basso, accederete al sito dei Youcaniani, dove potrete leggerlo.

Antologia autori vari: Un itinerario nei giacimenti dell'anima

A seguito del Contest letterario, tutti i racconti brevi dei 14 autori, sono stati uniti in un'antologia dal titolo "Un itinerario nei giacimenti dell'anima".

Ognuno ha il proprio stile e scriviamo generi differenti che ci rappresentano anche in questi racconti brevi che hanno un tema in comune: paura, incubo, fantasia.

Nell'antologia vi sono anche riportate le nostre biografie. Gli autori sono:

-Giovanna Avignoni

-Clara Bartoletti

-Giuseppe DjoNemesis Ciucci

-Cristina Paola Colesanti

-Piera Colombera

-Federica di Noi

-Alessandro Fort

-Anna Rita Foschini

-Elèonore G. Liddell

-Antonio Milicia

-Celestina Monaco

-Stefania Palamidesi

-Sandra Palmisano

-Roberto Serafini

 

L'antologia ha inoltre uno scopo nobile: una percentuale del ricavato sarà devoluto in beneficenza.

Mi auguro, così come tutti gli altri autori, che questi scritti possano stuzzicare la curiosità e la fantasia del lettore.

Fatevi o fate un regalo per una buona causa :)

Da questo racconto breve, ossia Sottopelle, di cui ne ho parlato precedentemente, ne traggo un romanzo dal titolo "Under my skin", in vendita dal 2016.

 

L'antologia è acquistabile e ordinabile in tutte le librerie.

Cliccando sulla foto sottostante, potrete accedere al sito della Youcanprint, casa editrice nel quale è stato realizzato e stampato.

Under my skin

 

SINOSSI:

 

Emily Carter, una giovane donna alla ricerca di se stessa a seguito di un incidente aereo che le fa perdere la memoria. Cosa sarà disposta a fare per cercare delle risposte? Quanto affondo è disposta a scavare, per ritrovarsi? In una società fredda, apatica, Emily dovrà cavarsela da sola nel suo percorso. Poco a poco riacquisterà emozioni assopite, blandi ricordi e sensazioni sulla sua persona, grazie alla vita quotidiana di segretaria di uno dei più noti avvocati di New Orleans. Oltre al lavoro, troverà una certa stabilità anche tra le amiche e Walter, un giornalista col quale inizierà una relazione. Queste persone saranno per lei un appiglio, finché non accadrà qualcosa che riuscirà a sconvolgerla e a cambiare la sua visione di sé. Un fatto che la porterà a conoscere poi due uomini; Dylan, un investigatore privato, e Michael, un impiegato del New Orleans Journal. Entrambi le restituiranno parte di se stessa e di ricordi. Ma soprattutto le daranno conferme circa la chiave per trovare delle risposte. Sarà facile per Emily venirne a capo? Riuscirà a non farsi travolgere dagli eventi e da se stessa? Delitti, tradimenti, egoismo, i lati oscuri e le sofferenze del passato si riveleranno più in fretta di quanto lei si aspettasse. Chi è dunque la vera Emily? Saprà prendere una decisione nella sua vita sentimentale? Un romanzo dal finale che non ti aspetti.

 

INCIPT:

 

Vorrei essere anche io così distaccata, invece.. piango spessissimo, sebbene non credo di trasmettere tale impressione.
Le donne come me se le guardi in apparenza, sembrano fin troppo distaccate. Ci vedi una donna forte ed allo stesso tempo, fredda. Solo allo specchio riesco ad essere me stessa, a vedermi per quella che sono, spogliandomi nella mia vulnerabilità.
In realtà non so nemmeno io come sia possibile che riesco ad indossare perfettamente la maschera giusta nel momento opportuno.
Forse perché non ho memoria o chissà..
Fatto sta che piango. Piango molto, davanti allo specchio.
Tutti a credermi una donna forte e glaciale.
Invece poi, cado a pezzi come una vera lastra di ghiaccio.
Sono una di quelle donne nelle quali poi, scopri tutti i nostri brividi. Ma sono brividi di calore, quello che alimentiamo dentro noi stesse.
Siamo la passione in un corpo e con quella, riusciamo a travolgerti.
Perché quelle come me, riescono a vivere tutto un po' più intensamente. Sentiamo le emozioni scorrerci sottopelle e ricamarci. Plasmarci.

***

E se mi guardo attorno, anche la gente è apatica. Ma perché? Cos'è successo? Quale avvenimento astratto può aver reso la gente tanto spenta e incapace di provare calore?
Vedo solo volti scuri, di sfuggita. Anime vuote e sole, anche se in apparenza cercano di nasconderlo e si vestono di compagnia, di anelli di fidanzamento o matrimonio. Di famiglia in unioni stantie. Ma in realtà sono spaventosamente sole.
Sentimenti ancora sconosciuti che hanno resa la gente assetata, diradata, asciutta. Sono isole deserte, sabbia e sale. Terra consumata.
Eppure molti sembrano essere sicuri di sé, li sento mentre mi camminano di fianco, a passo svelto e deciso. Ma sono maschere.
Mi circondano soltanto volti bianchi.
Tutti col capo chino su Smartphone e Tablet oppure sul giornale.
Sono figure che mi passano accanto, non persone. Quelle sono intrappolate in uno schermo.
E io invece, sono intrappolata? In tutto questo vuoto?
Mi viene spontaneo chiedermelo, perché mi si spegne l'entusiasmo.
Persino il Brewery mi sembra uno scenario macabro di un teatrino spettrale.

***

Non lo sopporto proprio il freddo, mi danneggia la pelle. E ho la sensazione che duri da anni senza sosta, questo clima eccessivamente rigido.
Mi sento screpolare dentro, così come fuori.
Mi siedo e accendo il computer. Nell'attesa guardo fuori dalla vetrata dello studio. Mi piace osservare il mondo da dietro una vetrata.
Mi da una sensazione onirica di dispersione. Mi disperdo nell'orizzonte, ma al tempo stesso, sono protetta dal vetro.

***
Mi chiedo ancora come ho fatto a non impazzire seriamente e a riprendere la vita quotidiana, nonostante quel che mi è accaduto.
Un incidente di cui non vi sono molte notizie.
Nemmeno io riporto segni evidenti, ferite o traumi o comunque un qualcosa che potesse essere utile come indizio.
Niente.
Svegliarsi una mattina e accorgersi che la propria vita fa schifo senza nemmeno ricordarsi di com’era prima.
Mi sento davvero patetica.
L'unica cosa che so è che mi trovavo su un aereo di linea proveniente da Orlando e che era crollato sui confini della Louisiana a causa di una violenta tempesta, sembrerebbe. Teoricamente almeno, la causa sembra essere quella.
Quello di cui sono sicura, era che a Orlando, ci sono arrivata da Venezia. Un biglietto aereo italiano lo confermava. Tuttavia che cosa ci facessi lì, rimane un mistero.

***

Ci eravamo allontanati dai nostri rispettivi capi e colleghi di lavoro, uscendo dal ristorante in cui ci eravamo trovati trascinati per la famosa cena.
Io avevo bisogno di prendere una boccata d'aria, mi sentivo particolarmente tesa.
E lui aveva bisogno di una boccata di nicotina.
Mentre mi avvolgevo nel mio cappotto rosso bordeaux, tremante di freddo, lui mi si avvicinò alle spalle.
«Hai freddo Emily?»
«Un pochino» risposi timidamente, col mio solito fare impacciato che tanto detesto.
«Non è meglio se rientri?» il suo tono divenne quasi ansiosi e io potevo sentire il fumo solleticarmi il viso, tanto era vicino.
Che bella sensazione.
«No. Resto qui con te. Se tornassi dentro rischierei un'emicrania.»
Abbozzai un sorriso, ma mi sentivo imbarazzata.
«Mi fa piacere... ed è bello starti vicino…»
Mi abbracciò cingendomi la vita.
Un gesto inaspettato che mi colse all'improvviso.
Mi voltai di scatto, divampando dall'imbarazzo.
«Walter, che fai?»
«Ti prego di perdonarmi è che mi sento così... felice di averti incontrata di nuovo, dopo tanti anni!»
Mi guardò dritto negli occhi. Io rimasi paralizzata, non sapevo che cosa dire.
«Oh Emily... quegli occhi» sorrise gettando la sigaretta.
«Che cos'hanno i miei occhi?»
Evitando il mio sguardo, mi disse: «Così non vale. Non giochiamo alla pari, tu sei armata.»
Allora io confusa chiesi: «Ma di che stai parlando?! Armata di cosa?»
«Te stessa».

***

Io lo fisso dritto negli occhi e stavolta non abbassa lo sguardo. Mi sento formicolare le dita delle mani, fino alle braccia e lungo il collo.
«Io...»
Il formicolio mi arriva alla lingua.
«Che succede, Emily?» mi chiede poggiandomi le mani sulle spalle.
Non mi trattengo più.
«Io ti voglio bene. Walter.»

***
Ricordo distintamente una cosa delle mie amiche o della gente in generale.
Ossia una domanda comune è: ma perché non cancelli quelle foto?
No, io certe foto le adoro. Mi ricordano quando ancora potevo vivere.

***

Mi tornano l'ansia e l'angoscia mescolandosi alla solita confusione.
Mi sento pesante e mi sdraio quindi sul divano infilandomi le cuffiette alle orecchie.
Ho bisogno di rifugiarmi nella musica. Melodia malinconica, che mi culli in questo mio tormentarmi. Ho bisogno di una boccata di Chesterfield e di un bicchiere di gin tonic, come minimo.
Mi assale quel maledetto momento in cui senti le lacrime in gola, tutto lo schifo che hai dentro spinge nei tuoi occhi, ma non esce. Non esce più perché ti senti semplicemente consumata.

***

«Avrei voluto averti qui ieri sera. Stavo malissimo.»
«Lo so e mi dispiace, davvero. Ho lavorato fino a tardi e sono crollato. Stamattina non ho avuto un attimo di respiro, questa storia ha suscitato sgomento e si è sollevato un polverone. Quindi ti prego di perdonarmi.»
Il suo dispiacere è così sincero e disarmante nel suo sguardo, che mi fa sorridere.
«Lo capisco che è il lavoro, perciò non preoccuparti.»
«Ora però sono qui...»
Si avvicina lentamente al mio viso per darmi un bacio sulla fronte. Un piccolo gesto tenero. Non aspettavo altro.
Chiudo gli occhi estasiata da quel bacio dolce, pulito, innocente come lo si da ai bambini. Sollevo la testa inebriata dal profumo del suo dopobarba che mi ricorda qualcosa di familiare, di stabile, di quotidiano. Un po' come l'aroma del caffè, il profumo delle lenzuola appena lavate, del pane appena sfornato in casa.
Lo sento abbassare il suo viso e le nostre labbra si incontrano.
Le sue premono contro le mie in un bacio lieve, che ricambio con trasporto, più di quanto io stessa mi aspettassi.
Ma il suo corpo si irrigidisce e mi poggia le mani sulle spalle per scostarmi da lui.
«No, aspetta... dobbiamo fermarci» mi dice con la voce tremolante e un'espressione indecifrabile che non promette nulla di buono.
«Perché, che succede?»
«Non so come dirtelo... mi rendo conto che non è il momento migliore questo» abbassa lo sguardo evitando il mio.
Mi sento presa in giro in questo modo!
«Avanti, che succede? Eh? Spiegamelo per favore perché non sopporto chi lancia il sasso e poi nasconde la mano. Tanto peggio di così non può andare!»
Incredibile quante cose riesco a percepire di me scavando affondo dentro me stessa. Ciò che amo, ciò che detesto. Quel che mi fa piacere e quel che mi ferisce.
Lo guardo negli occhi in silenzio, riflettendo. Sembra che il tempo si sia fermato. Probabilmente sono una frana, in tutto. Sono un mezzo disastro, urlo e piango, sbraito, a volte sembro quasi capricciosa. A volte sbotto, altre volte invece non faccio che lamentarmi. Ma le cose vere non le dico. Le cose importanti non le dico. Sono una che resta sempre in silenzio. E nemmeno a te dirò le cose importanti, anche se lo vorrei tanto. Non sono una che in realtà fa rumore. Se ne fa è solo per depistare. Ti starò vicina, ma immersa nella mia ombra ed in assoluto silenzio. Perché io resto sempre nell'ombra e osservo. E anche se non parlo con la bocca, le cose le esprimo coi gesti, con gli occhi, con le azioni. Tutto quello che mi posso augurare è che tu queste cose le colga al volo e che le apprezzi come nessun altro potrebbe mai fare.
Quanto vorrei dirlo a voce alta! Ma sarebbe inutile…

***

Sento i passi allontanarsi da me. Una delle sensazioni più orrende che si possano provare. Uno dei suoni più agghiaccianti e angoscianti che si possano udire.
Vorrei urlargli di restare, vorrei abbracciarlo e stringermi a lui, ma non oso. Non posso. Non voglio.

***

Mi tremano le gambe e mi sudano leggermente le mani, quando arriviamo davanti alla porta dell'ufficio di Coleman.
Il suo nome è scritto a caratteri in un font bold, assieme ad altri due.
Tutto questo nervosismo non me lo spiego e la mia mente disegna una se-rie di volti maschili, cercando di immaginarlo. Dalla sua scheda, lessi che ha 34 anni. Mi aspetto quindi un uomo con un viso pulito e un'eleganza che ha un'acerba maturità fisica.
«Signor Coleman, la signorina Carter è arrivata» annuncia la segretaria poco prima di farmi entrare e presentarmi così ad un uomo piuttosto alto e dalla bellezza sconvolgente.
È molto meglio di quanto me lo immaginassi. Capelli corti e folti di un color cioccolato, il viso regolare e da una mascella importante e mascolina, ombreggiata da una barbetta ben curata. Occhi piccoli, scuri, profondi e lucenti.
Ha un carisma, un fascino, che mi lasciano senza parole. Ma che me ne importa? Non riesco a capire come possa io esserne tanto rapita.
Sarà che a vederlo, in tutto il suo portamento elegante e fisico atletico, coperto da un abito blu scuro e una cravatta bordeaux, mi da una sensazione che ho già provato.
Con Walter.
La stessa sensazione di familiarità, di sicurezza. E non solo è inspiegabile, ma anche più forte. Più intensa, specie quando mi sorride venendomi incontro.
E nel stringermi la mano in segno di saluto, percepisco dalla sua espressione che anche lui ha delle sensazioni particolari, vedendomi lì di fronte a lui.
«Prego si accomodi pure, possiamo parlare anche se ci sono i miei colleghi collaboratori» la sua voce è calda come al telefono e il tono cordiale, disponibile, quasi intenerito perfino.

***

«Paura sinuosa è un libro che parla di sentimenti e forti emozioni. Specie tra i protagonisti che vivono delle storie intrecciate in cui la psiche deve mettersi a confronto con varie fasi di transizione tra sentimenti positivi e negativi. Non tutti riescono a cogliere sfumature di quel romanzo che per me, sono intime. Se lei signorina Carter ne è rimasta colpita come dice, probabilmente è riuscita a coglierne. Ciò mi rende felice.»
Non sembra poi molto felice come dice, anzi, ha un'espressione apatica e lo sguardo spento. Un po' come tutti, proprio come aveva notato anche Coleman.
«Qualcosa ho colto, certo. Sarà che dopo quell'incidente aereo, mi sento davvero strana.»
«Definisca strana.»
«Mi sento spenta, sempre confusa, giù di morale. E sentimenti come la paura, non riesco a provarne.»
Lo vedo illuminarsi, come se le mie affermazioni lo avessero scosso.
«Interessante che la definisce un sentimento... la paura intendo.»
«E per quale motivo?»
Ci interrompe il cameriere per prendere le ordinazioni. Mi limito a un tortino di granchio e insalata caesar, non ho molta fame.
«Molti la confondono come un'emozione e nulla più. Talvolta sottovalutandola» riprende a spiegare Jack. «Ad ogni modo la comprendo, perché nemmeno io riesco a provarne. E da quando è successo il fattaccio, ho come rimosso da me stesso, molti sentimenti ed emozioni.»
Mi versa dell'acqua nel mio bicchiere con un gesto meccanico, non appena il cameriere ci porta la bottiglia. Non capisco se lo fa per galanteria o se doveva in qualche modo sfuggire a quelle parole facendo qualcosa.
«È questo dunque il problema che lo affligge di cui mi ha fatto cenno ieri sera?»

***

I pantaloni neri e i mocassini lucenti, li noto dalla sua camminata svogliata.
Entro nell'appartamento e chiudo la porta. Non è per niente un ufficio, ma una vera e propria abitazione.
Il mobilio è in stile moderno e accogliente. Un po' spoglio per i miei gusti, ma molto fine. Il nero e l'avorio sono i colori che spiccano tra divano, sedie e mobiletti satinati.
«Lei non sembra affatto un investigatore privato» commento seguendolo fino al salone.
Lo vedo stravaccarsi sul divano sbuffando.
«Lo so signorina, me lo dicono tutti e mi auguro sia sempre così. E scusi, ma oggi sono rintronato. Emicrania.»
Non so se ne soffre per problemi di salute o per alcol, a giudicare dalla bottiglia di Scoch sul tavolo, ma questo tizio non mi piace per niente. A parte il bell'aspetto e il vocione caldo, quasi sensuale. Un timbro vocale che in un uomo mi piace parecchio. Mi sembra quasi di sentire parlare Coleman.
Ma perché penso a lui?
Ah già. L'incidente aereo.
Shield mi fa cenno di sedermi sulla poltrona accanto al divano.
«Mi spiace che non sono esattamente quello che si aspettava, signorina... come ha detto che si chiama?»
«Carter. Emily Carter.»
Mi allunga la mano in segno di cortesia.
«Dylan Shield. Ma può chiamarmi soltanto Dylan.»
La sua presa è salda e sicura.
«Il mio... ufficio, non le piace?»
Me lo chiede con una punta di sarcasmo, me lo sento. Infatti appare sul suo volto un ghigno divertito.
«È ben arredato in realtà, ma mi aspettavo qualcosa di diverso da un amico di Jack Blasco. Inoltre lei è così giovane...»
Dylan scoppia a ridere.

***

Quest'uomo ha un qualcosa che mi stuzzica nel profondo. Insidioso nelle viscere. Una chimica che traspira nella pelle. E sebbene sono certa di non averlo mai visto prima, a differenza di Coleman, mi fa lo stesso effetto sconvolgente. Un qualcosa di fisico, di epidermico che mi penetra fino alle ossa.
Di certo, non ha il magnetismo del bel giornalista, però è ugualmente virile in maniera pungente.
«Qualcosa non va signorina?»
La sua voce mi riscuote come se mi fossi appena svegliata. Mi rendo conto perfettamente di essermi incantata su quei pensieri carnali.
È questo ciò che sono davvero. Puro istinto sessuale che vibra sulla pelle, sui muscoli. Decisamente si differenzia dalle sensazioni interne e mistiche che mi ha donato Coleman stamattina.
«Mi perdoni. Ero distratta» non so nemmeno come giustificarmi. Ma che mi prende all'improvviso?
È come se qualcuno avesse premuto un tasto in me, quest'oggi. Un tasto che mi ha riaccesa spudoratamente.
«Jack mi ha detto che lei lo ha aiutato in alcune ricerche della sua famiglia, dopo un certo incidente aereo...»
Inutile dire che la mia rivelazione lo sorprende.
«Sono anche io una superstite di quell'incidente» riesco a terminare la frase, sospirando come se avessi faticato a dirlo.
«Davvero?» Dylan si schiarisce la gola raccogliendo le idee. «Quello che è successo è terribile e mi vedrò bene dal scegliere quella compagnia aerea per i miei futuri viaggi. È una vergogna, ancora non hanno scoperto nulla.»
«E lei cosa potrebbe scoprire?»
«Tutto ciò che voglio. Nulla mi ferma.»
Lo dice con un'aria maliziosa, guardandomi come una preda. Ha lo sguardo di un lupo che studia l'agnellino.
«Vede, la mia situazione è ben diversa da quella di Blasco, perché io ho perduto completamente la memoria e ho scoperto ben poco sul conto della mia famiglia.»
«Quindi non ha nessuna pista, qualcosa su cui farmi partire?»
«In realtà sì. Forse sì. Ho saputo che la famiglia di mio padre possedeva una grande villa, di quelle che ormai non ne costruiscono più. Credo sia importante perché la sogno spesso...»
«Si trova qui in America?»
Lo vedo un po' pensieroso. Evidentemente è poco. Troppo poco.
«In teoria sì.»
«E scusi, a casa non ha nessun documento, nessun attestato, nulla che parla di questo ipotetico immobile?»
Quasi non sembra credermi. Questo non mi piace per niente!
«No, solo un paio di istantanee di quando ero piccola.»
«Ah allora esiste...»
«Certo che esiste! Non sono mica pazza! La smetta di essere così presuntuoso.»
«Ma io non ho detto o fatto nulla! Solo che capirà, non è impossesso di molte informazioni...»
Mi da ai nervi. All'improvviso il suo atteggiamento mi irrita.
«Sa che quando assume quell'espressione broncia, è ancora più interessante?»
«Ma come si permette!»
Ci mancavano solo i complimenti scontati e fuori luogo. E i tremori.
«Senta» riprende senza badare al mio disagio; «Farò qualche ricerca e le farò sapere.»
«Va bene. Allora io vado.»
Mi alzo in piedi di scatto, sentendomi indisposta e a disagio, sì. Ma per me stessa, non per lui.
«Ma che le prende all'improvviso? Se l'ho offesa, chiedo scusa...»
«No, tranquillo si figuri. Anzi, la ringrazio del suo tempo.»
Mi volto per andare verso la porta, ma mi blocca il braccio e come con una scossa, sento un calore profanarmi.
«Non così in fretta, signorina. Non mi ha nemmeno lasciato un recapito con la quale contattarla.»
«Ha ragione... chiedo venia.»
«Dobbiamo anche discutere di alcune cose. Ad esempio mi deve dare ulteriori dettagli sulla sua famiglia, quelli che conosce. E poi arriviamo alla mia parcella...»
Mi volta verso di lui tenendomi le spalle.
Ha uno sguardo languido che mi fa tremare le gambe.
«La sua parcella? Certo.»
«Esatto. Voglio un anticipo.»
«Sicuro che questa sia la normale… procedura?»
«Non proprio, ma con lei è diverso…»
«E di quanto ammonta questo anticipo?»
«Anzitutto, di uno.»
Detto questo, mi stampa un bacio sulle labbra.
Il suo profumo, il suo calore, la sua mascolinità, lo charme, mi fanno venire le vertigini.
Lascia la presa delle nostre labbra con uno schiocco e continuando a guardarmi, quasi volesse sfidarmi, mi sorride malizioso.
E io che altro aspetto?
Gli getto le braccia attorno al collo e presa dal desiderio, cerco di nuovo la sua bocca.
Ci lasciamo così trasportare da un bacio ardente, famelico.
Le sue mani scorrono sul mio corpo e lo esplorano, spogliandomi degli abiti e delle inibizioni. Non mi lascio andare in questo modo da molto tempo, ne sono certa. Nemmeno con Walter.
E avendo avuto la possibilità di sbloccarmi, di recente, finalmente posso essere me stessa anche in questo ambito.
Disinibita, pura, libera.

***

Effettivamente mi sento talmente euforica, da voler quasi quasi saltellare per casa. L'adrenalina che mi parte nello stomaco, al pensiero di vedere Coleman, non è di certo paragonabile all'emozione spiccia che ho provato nell'uscire con Walter o Dylan.
Mi spiace per lui, poiché gli ho mentito. Gli dissi che andavo a cena con amiche, altrimenti sarebbe piombato a casa mia.
Ammetto che pensarci mi provoca un caldo brivido tra le cosce, come se lui fosse dietro di me e avesse infilato una mano nel mio intimo per rammentarmi che sono sua. In qualche modo.
E in fondo perché no, la cosa più bella che qualcuno possa dirti è mia.

***

«Tuttavia tu sei fortunata. Hai già una meta da raggiungere, dove troverai delle risposte. Io no.»
«Ah no? Davvero?»
«Purtroppo è così... brancolo nel buio, per questo mi sto dedicando pienamente al lavoro. Sembra essere, al momento, l'unica cosa che mi tiene saldo al presente, che è anche il passato. E l'unica che mi da soddisfazione...»
Stavolta non abbasso lo sguardo, riesce a sostenere il mio.
«Soddisfacente tanto quanto averti conosciuta.»
Mi sta letteralmente sciogliendo e quel che è peggio, è che di questo ne è conscio.
Siamo sulla soglia, sul bordo del precipizio. Stiamo giocando con un incendio.
Un gioco seducentemente pericoloso.

***
«Cosa provi esattamente?»
«È come se dovessi possederti in anima e corpo... come se fossi tu, la mia risposta alle mie domande.»
Capisco bene cosa vuol dire, dato che il mio punto di riferimento sono sempre stati i miei sogni. Ma com'è possibile che mi dica una cosa del genere?
«Come potrei essere io se ci siamo conosciuti solo qualche giorno fa?»
«Ne sei sicura? Magari ci siamo conosciuti a settembre e non ce lo ricordiamo.»
«Non possiamo saperlo...»
«Già. Però so di per certo che voglio fare una cosa.»
Senza darmi il tempo di controbattere, si allunga verso di me e mi bacia.
Le mie labbra rispondono automaticamente, senza rendere conto alla mia effettiva volontà.
Mi sollevo appena, facendo a meno di ascoltare pure il mal di testa, e lui fa scivolare una mano dietro la mia nuca, tenendomi stretta sul suo viso.
Tengo gli occhi chiusi perché temo che se li apro, tutto scompare. Magari tutto questo è frutto soltanto di un sogno.
Ma la lingua di Michael fa di tutto per smentirmi, intrecciandosi con la mia e muovendosi all'unisono, mentre i nostri respiri si fanno affannosi.
Di getto, mi metto a sedere senza staccarmi dalla sua divina bocca e quando sono a portata di tocco, mi accarezza il corpo e infila la mano dalla scollatura del mio abito, per esplorare i miei seni.
A quel punto, si risveglia in me l'impulso che provai giorni fa. Solo che stavolta ha un retrogusto dolce.
Poche carezze e siamo già nudi. Due passi e uno strappo di baci, e siamo a letto.
Sono seduta sopra a Micheal, sdraiato tra le lenzuola e in balia di me, del desiderio, del trasporto.
Mi slego i capelli mentre lo guardo famelica, sentendo il suo apprezzamento, impennarsi sotto di me.
Mi abbasso per baciarlo, con i miei capelli che lo avvolgono e che finiscono tra le sue dita, mentre mi fa sua, dando inizio ad un lungo ardore, godimento e un tormento sublime che vorrei non finisse più. Mai più.

***

Esco dalla doccia rinfrescata e tonificata, tamponandomi i capelli con l'asciugamano. Non vedo l'ora di abbracciare Michael e stringermi a lui.
Il mal di testa, manco a dirlo, è passato completamente.
Abbracciare Michael in questo momento lo sento come un bisogno primario, una necessità, come chi desidera fumare o mangiare, dopo il sesso.
Michael lo trovo dall'altra parte del letto, seduto sul bordo, impegnato ad armeggiare con il cellulare e canticchiare sottovoce un pezzo che mi rendo conto di conoscere molto bene.
« And if I show you my dark side, will you still hold me tonight?»
«And if I open my heart to you, and show you my weak side, what would you do?»
Di scatto, lo vedo voltarsi dalla mia direzione mentre lo raggiungo.
«Emily! La conosci?» pare sorpreso.
«Adoro i Pink Floyd. E sì. La risposta è sì.»
«Sì a cosa?»
«Resto lo stesso. E non ti farò di certo del male» mi esce un sorriso spontaneo, caldo, che sento illuminarmi il viso. Non so perché abbia scelto proprio quella canzone, perché la stesse canticchiando, ma The Final Cut, in qualche modo ci rispecchia ora come ora. Almeno in quelle strofe.
E lui ricambia.
«Vieni qui» mi dice tendendomi le braccia.
Io mi avvicino come spinta da una forza misteriosa e mi siedo accanto a lui.
Mi stringe forte tra le sue braccia, con il suo calore che mi invade.
«Anche per me, la risposta è sì» mi sussurra all'orecchio, stringendomi ancora più forte proprio come vorrebbe qualsiasi persona che ascolta una canzone tanto significativa in un certo momento.
«Forse io e te vediamo il nostro lato oscuro ogni volta che ci guardiamo negli occhi» nella sua voce c'era qualcosa di diverso.
Io quasi mi commuovo, mi sento terribilmente vulnerabile. Piccola.
«Tu dici?»
«Ho questa sensazione... tu no?»
Mi scosta lentamente da lui e mi fissa penetrandomi nell'iride. Nella penombra è ancora più bello e mi sembra di rendermene conto soltanto ora. Il nero risalta tutto.
«Siamo così uguali...»
Mi scappa di dire, senza nemmeno accorgermene.
«Lo siamo» sentenzia lui in un filo di voce, poco prima di baciarmi con passione.
Lo siamo.
E forse comprendo perché mi considera la sua risposta.
Abbiamo la stessa oscurità e questo basta a giustificare il mio tradimento nei confronti di Dylan?

***

E poi ci sono tutte quelle cose che ti ronzano per la mente e le vorresti dire, ma ti si bloccano nel palato, laddove di parole infine, ne sono morte tante.
Decedute per paura, orgoglio, amore.
E ci sono quelle cose che vorresti fare, che infondo ti mancano di fare, talvolta sentire.
E avresti bisogno di tempo. Di fare. Di dire. Di sentire. Ma tempo dopotutto, non ce n'è.
Perché la vita va avanti e nessuno ti aspetta, niente si ferma per te, anche solo per un attimo. E sei così anestetizzata dal dolore, che a volte nemmeno riesci a muoverti, sei paralizzata e non raggiungi gli altri.
Il dolore si è talmente impossessato di te, che non fai altro che chiuderti e così, combinare danni.
Sai che se ami, soffri. Ma non soffriresti se non ci fosse amore, se non ti importasse e lo vuoi, con tutta te stessa. Lo vuoi perché la tua vita cambia, cambi te stessa. E cambiano i profumi, i gesti, il modo di sorridere e di toccarti i capelli.
Cambia il modo di ascoltare una voce.
Ma sei talmente abituata a ricevere dolore, che ti senti bloccata come nelle sabbie mobili. Quando imparerai a non affondare? A capire, che non tutti ti trascinano verso il basso?
E quando imparerai a non mettere gli altri davanti a te? A darti importanza!
Forse mai o forse presto. Non è nemmeno colpa tua. Vuoi solo che qualcuno ti dia importanza e ti metta al centro del suo mondo, dei suoi pensieri. Non pretendi il primo posto, ma il posto accanto. Quello lo vuoi tanto, vero?
Ma sei ugualmente fregata cara, lo senti quel cuore che batte? Oh sì sta battendo. Batte forte in questi giorni.
E sai perché? Perché è ancora lì nonostante tutto. Non te lo hanno bruciato, calpestato o frantumato completamente.
Se batte, significa che un pezzo ancora vive. Lo doni, lo vuoi donare tutto.
E va bene così, importa solo questo. Il resto chissà, verrà da sé.
Devo assolutamente darmi più importanza, sì! E ripetermi queste parole. Devo fare luce su ancora tante cose dentro me, ma non devo permettermi di sminuirmi. E lo faccio spesso. Anche nel sentirmi in colpa per la situa-zione tra Dylan e Michael.
Spazzolandomi davanti allo specchio, ripenso ai tre uomini che hanno incrociato la mia vita in questo periodo tanto assurdo. E tra i tre, quello a cui penso di più è proprio Michael. Ma mi sento in colpa, per quello che faccio con Dylan. Ma finché non ritrovo completamente me stessa, non avrò mai un equilibrio tutto mio. E questo è un bisogno quasi biologico.
Il restante dei giorni della settimana li trascorro con le mie amiche e con Michael, avvertendoli circa le mie intenzioni e ottenendo il loro appoggio.
Al contrario della spietata Goodwin, che cambiando idea sull'argomento, mi dice che dopo tutto quello che ho passato, specie con la vicenda di Donovan, dovrei starmene tranquilla. Ma non posso. Anche volendo, non posso proprio.

***

Una voce squillante e meccanica, fa eco nell'aeroporto: I passeggerei del volo diretto a Baltimora, sono pregati di recarsi...
«Forza, vattene!» la voce di Dylan sovrasta quella della donna all'altoparlante.
«Dylan... mi dispiace» qualsiasi cosa io possa dire per giustificarmi e per cercare di rimediare in questo momento, sarebbe inutile.
Li ho persi. Le cose da dire sarebbero tante e vorrei rimediare seriamente, specie con Michael, ma ormai devo imbarcarmi. Non posso perdere il volo. Quando tornerò sistemerò tutto e anche se è banale, glielo prometterò con un messaggio al mio arrivo.
Il viaggio in aereo sembra ancora più lungo di quel che sembrava. Non posso fare a meno di essere nervosa per il fatto di raggiungere finalmente la famosa villa. Senza contare la mia preoccupazione rivolta ai due uomini che mi hanno accompagnata fin qui, nel percorso di ritrovamento di me stessa. Come ho potuto far loro del male? Come ho potuto comportarmi in maniera pessima, come descrisse Donovan? Aveva forse ragione? Io sono davvero così malvagia?

***

«Tu sei la paura, quel sentimento che filtra freddo sottopelle. Sei solo parte di quella donna! E sei stata sconfitta. Sei stata sconfitta dall’amore.»
A queste parole devo accettare l’evidenza. Sono destinata a rimanere rinchiusa in quest’antro spettrale, chissà per quanto tempo. Forse per sempre.
Ogni persona di questo mondo freddo, non è altro che un sentimento negativo e distruttivo. Tutto mi torna alla mente. La mia memoria è di nuovo intatta. Davvero volevo ricordare? Sono davvero disposta a portarmi addosso questo peso?

 

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